Altri Momenti Grafici
Vedersi Così
Quale verità può essere detta, mostrata, quale no. Noi stessi, l’altro, gli altri noi, gli altri loro. Sono ciò che sembro, sembro cio che appaio. A chi, vai via di qui, dovrò ucciderti. Passano nuvole sulle nostre teste distratte, se ne vanno, cambiano, si perdono e non tornano mai le stesse. Chi dentro, chi fuori da quale cosa sconosciuta che invade come inchiostro grigio e si tenta sempre di volare leggeri per cadere come sassi e far rumore sulla pietra come carne molla. Chi sei nello specchio, chi credono tu sia, dovrò ucciderti ogni giorno per sempre per essere sicuro di non averti mai conosciuto.
Uno e Nessuno
Ora mi siedo, ora tento di sedermi, anzi no rimango in piedi. Vorrei però sedermi, sono stanco da un po’, da molto e se mi siedo forse mi riposo. Lui mi spienge e mi ruba il posto, mi siederò su di lui così se ne andrà. Da calci forti negli stinchi ed anche un’altro vuole sedersi. C’è un unico posto, hanno messo a disposizione solo quello, è al centro della sala e sembrava non esserci nessuno. Dopo un anno in piedi ci si stanca. Da sotto quell’altro lì tenta di rubarmi il posto, mozzica la gamba di quello accanto che è già da un po’ sopra di me, non la mia per fortuna anche se sento la sua guancia aprirsi e chiudersi voracemente proprio vicino al mio polpaccio sinistro. Uno grida e mi chiede aiuto ma come, vuole rubarmi il posto e poi mi supplica, bisogna che faccia qualcosa siamo in troppi e sembra ne vengano altri, tutti che vogliono sedersi proprio qui. Non sono il più forte, solo uno dei tanti, loro tutti insieme spingono, si arrampicano con le unghie afferrando ciò che trovano, altri nudi viscidi e maleodoranti, anche loro un anno che stanno in piedi o forse più, non lo so, non li vedevo, non sapevo nemmeno che esistessero. Vorrei andarmene, ma non so proprio dove, questo è l’unico posto che conosco. Sono troppi, si accavallano, spingono verso il basso. Uno lo conosco, anche lui, mi sogghigna, è uno dei più arrabbiati, mi guarda fisso, ha i miei stessi occhi, bocca, naso, è identico a me. Quello sopra è uguale a quello che mi guarda e mi sogghigna e quello accanto anche, sono tutti uguali a me. Fanno quello che devono fare per rubarmi il posto ma si girano sempre a guardarmi, tutti uguali a me, tuti con smorfie diverse, tutti maledettamente puzzolenti ed appiccicosi, sono sopra, sono di lato, sono sotto. Io sono sopra, sotto e di lato. intorno è sceso un silenzio improvviso, ora non sento più il bisogno di sedermi.
Croce
Sono nato da alcuni secondi. Morii subito per mia fortuna ma vidi alcune cose. Il caro amico gatto nero che mi avrebbe tenuto compagnia per otto anni. La grande croce di cui mi parlava Don Mario. Il vento forte che spirava da sud ovest e portava il sapore del mare sulle labbra, certi amori. Corpi tagliati a metà come mele cadute dal cesto, piastricciate, spalmate e dimenticate. Case di periferia, vespai impazziti, un’estate, un tormento. Perché tutti pensavano in quel modo, dimenticavano l’assurdo, si meravigliavano della pazzia. Il folle, il saggio, l’amico di sempre che passeggia all’orizzonte di un giorno come altri miliardi di giorni, sempre l’amico pazzo su quella linea come un funnambolo insonne. Accadde così senza accorgersene, la scarsezza del ricordo, il senso della forma, del contenuto, dell’esiguo respiro, mai stato, della lama che sguscia nella carne, l’assenza del rosso. Inattesa semplicità della fine che precede l’attimo. Un secondo, solo un secondo, forse nemmeno quello.